ADES. Segreti e curiosità su Aldilà e dintorni nelle Religioni e Culture mondiali

Giorgio Nadali, ADES. Segreti e curiosità su Aldilà e dintorni nelle Religioni e Culture mondiali

Youcanprint, Lecce, 2024, Ebook, ISBN: 979-12-227-4011-9

€7,99

È il mistero più grande dell’umanità, dopo quello di Dio. Dato che il numero di persone non credenti nel mondo si attesta tra il 2% e il 13% e che gli agnostici raggiungono il 23% possiamo dire che oggi circa due terzi dell’umanità crede che la fine della vita terrena non sia la fine della propria esistenza (e di chi ci è caro). In sostanza, continueremo a vivere e saremo trasformati nell’eternità. Il modo di come questo avverrà dipende dalle credenze delle singole fedi religiose e culture. Tutte le religioni credono in un aldilà. Si va dall’annullamento di sé, come una goccia che cade nell’oceano del Nirvana induista e buddhista, sino alla risurrezione del proprio corpo immortale secondo il Cristianesimo, cioè il 30% della popolazione mondiale. Nessuno – tranne forse i duecentottanta milioni di depressi nel mondo e gli ottocentomila suicidi all’anno – ha fretta di verificare di persona cosa c’è dopo la morte. Fatto sta che tutti lo scopriremo, e ci auguriamo il più tardi possibile perché amiamo la vita, altro grande mistero in cui siamo avvolti. In questo libro unico nel suo genere: aldilà e curiosità, scienza, fisica quantistica e aldilà; paradiso e inferno nelle religioni, anima, risurrezione e reincarnazione, nuovi movimenti religiosi e aldilà, angeli e demoni nelle culture mondiali, esorcismi, panorama delle credenze religiose sull’aldilà, riti funerari nelle principali religioni mondiali e molto altro ancora. Un libro da leggere da vivi, con i piedi per terra e due occhi verso uno dei misteri più grandi dell’Umanità, perché, come diceva Goethe: “Quelli che non sperano in un’altra vita sono morti perfino in questa”.

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RECENSIONE DI “AFFARI ITALIANI”


La luce emanata da un corpo risorto

Il Nostro Signore ha scritto la promessa della Risurrezione, non solo nei libri, ma in ogni foglia di primavera (Martin Lutero).

«Questa infatti è la volontà di colui che mi ha mandato: che chiunque viene alla conoscenza del Figlio e crede in lui, abbia vita eterna, e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Giovanni 6:40)

La sacra Sindone è il più importante enigma scientifico-religioso esistente al mondo. Ben venticinque scienze hanno studiato la Sindone e nessuna sino ad ora è riuscita a stabilire esattamente che cosa abbia prodotto l’immagine sul telo di lino. Gli esperti ritengono che si sia prodotto attraverso un’energia sconosciuta che ha impresso il telo, una radiazione foto radiante (cioè che emette luce) che si è sprigionata dal corpo di Gesù Cristo nel buio del sepolcro al momento delle risurrezione. Il volto non è illuminato né da destra né da sinistra. Il volto stesso è fonte di luce. L’immagine, visibile meglio al negativo fotografico, presenta tutti i segni della Passione di Cristo e scompare se ci si avvicina a meno di tre metri di distanza. Non vi è pigmento. Non è un dipinto e non è una strinatura, né un’immagine prodotta dal contatto con un bassorilievo riscaldato. La scienza della palinologia ha scoperto la presenza di pollini della terra santa e di tutti i luoghi dove è stata portata. La numismatica ha verificato che vicino all’occhio destro è stato trovato un lituus, una moneta romana del tempo dell’imperatore Tiberio Cesare, che regnava al tempo in cui fu crocefisso Gesù… Dal 2000 è conservata al buio, sotto gas inerti, nel duomo di Torino. L’informatica ha prodotto un modello tridimensionale del corpo, basandosi sull’immagine. La storia antica ha scoperto che il corpo presenta tutti i segni di una tipica flagellazione romana e la singolarità della coronazione di un casco (non una corona) di spine, che i romani non usavano solitamente. I biblisti concordano sui fatti della Passione di Cristo, testimoniati dall’immagine della Sindone, come il colpo all’emitorace destro prodotto da una lancia e dal quale uscì sangue e acqua. L’anatomia ha confermato questa ipotesi basandosi sul siero accumulatosi in fase di agonia. E questo confermerebbe anche la profezia «non gli sarà spezzato alcun osso» (Esodo 12,46), cosa che i romani erano soliti fare per l’accertamento di morte.

Troppi indizi coincidono. Sulla Sindone c’è sangue umano maschile di gruppo AB e aragonite, minerale presente nelle grotte di Gerusalemme. Addirittura la matematica si è interessata al lenzuolo sacro. Col suo freddo calcolo delle probabilità, mettendo insieme gli indizi raccolti dalle venticinque scienze che hanno studiato la reliquia più venerata al mondo, ha stabilito che c’è una possibilità su duecento miliardi che l’uomo della sindone non sia Gesù Cristo. Nel 2000 Joseph Marino e Marie Sue Benford hanno formulato l’ipotesi che il test della datazione medievale risultata dall’esame del 1978 al radiocarbonio C14 fosse errato perché erano presenti rammendi di epoca più recente nella zona del prelievo per il test svolto in quattro laboratori (due in Arizona, uno a Zurigo, uno a Oxford). La loro tesi è stata validata da Raymond Rogers, lo scienziato che per primo analizzò la Sindone nel 1978 e pubblicò i risultati della datazione dal 1260 al 1370 d.C. al radiocarbonio, sulla rivista scientifica «Thermochimica Acta». Pochi mesi prima della sua morte Rogers scrisse un articolo dove descriveva le ultime scoperte. La conclusione fu che la datazione al radiocarbonio del 1978 era esatta, ma i campioni usati per il test non erano parte originale della Sindone e irrilevanti per stabilirne la reale datazione. La Chiesa cattolica non ha più permesso altre indagini al radiocarbonio C14, dopo il 1978 perché questo test prevede la bruciatura dei campioni usati.
Un medico, Thomas A. Miller, ha analizzato la risurrezione di Cristo da un punto di vista scientifico nel suo saggio intitolato «Did really Jesus rise from the dead? A surgeon-scientist examines the evidence». (Gesù è veramente risorto dai morti? Un chirurgo-scienziato esamina l’evidenza). Miller osserva prima di entrare nel merito della questione che Isaac Newton, Giovanni Keplero, Robert Boyle e Michael Faraday erano grandi scienziati, ma credevano tutti nella risurrezione di Cristo. Questo atteggiamento dei tempi antichi è in contrasto con la visione moderna. Molti scienziati moderni sono convinti nell’abilità della scienza di rispondere a domande che, se non possono essere validate usando un metodo scientifico, sono viste come inconoscibili o inesistenti. È la tesi di Richard Dawkins. Qualsiasi ipotesi che non può essere verificata con metodo scientifico è da scartare. Sembra quindi che la scienza non possa dire niente su una risurrezione. L’unico reperto scientificamente analizzabile e attinente a una presunta risurrezione è la Sindone di Torino. Uno studio molto importante è stato condotto sulla Sindone nel 1996 da un chirurgo uroginecologo statunitense cattolico, August Accetta – fondatore dello Shroud Center of Southern California – il quale ha realizzato un esperimento su se stesso iniettandosi una soluzione di fosfato di metilene contenente tecnezio-99m – un isotopo radioattivo usato in medicina nucleare – che decade rapidamente. Ogni atomo di tecnezio emette un unico raggio gamma che può essere registrato da un’apposita apparecchiatura di rilevamento. L’obiettivo era di realizzare un’immagine provocata da una radiazione emessa da un corpo umano eventualmente risorto. Secondo il dott. Accetta, infatti, l’immagine sulla Sindone potrebbe essere stata causata dall’energia sprigionatasi all’interno del corpo di Cristo al momento della resurrezione. Le immagini ottenute sono molto simili a quelle che si osservano sulla Sindone e davvero questo esperimento arriva fin sulla soglia del mistero di quell’impronta che richiama il mistero centrale della fede. Accetta riferisce che solo un evento miracoloso può spiegare pienamente la complessità dell’immagine.

Il medico pensa che quando il corpo di Gesù sia diventato di luce, il lenzuolo della Sindone che lo copriva ha iniziato a passare attraverso il corpo perdendo la sua gravità. Accetta teorizza che mentre il lenzuolo funerario cadeva, esso assunse la corrispondente energia e le informazioni tridimensionali presenti sull’immagine, impossibili da riprodurre. A Roma nel 2008 dei ricercatori italiani hanno ‘ricreato’ la Sacra Sindone: irradiando tessuti di lino con un brevissimo e potentissimo lampo di luce prodotto da laser a eccimeri del Centro Enea di Frascati, sono riusciti a imprimere immagini con le stesse caratteristiche della figura della Sacra Sindone, in cui la colorazione riguarda solo le fibrille più superficiali, senza passaggio di colore sul rovescio della tela. I risultati dei loro esperimenti sono pubblicati sulla rivista «Applied Optics» e secondo Giuseppe Baldacchini, coordinatore della ricerca, avvalorano l’ipotesi che da sempre la Chiesa sostiene, e cioè che l’immagine di Cristo sia stata originata da un potente lampo di luce attribuito alla resurrezione. L’ipotesi è quindi che una fortissima luce si sprigionò da quel corpo all’interno di una grotta-sepolcro buia. Osservando l’immagine si nota che il volto non è illuminato né da destra né da sinistra. È esso stesso fonte di luce. Non corrisponde ad alcun stile pittorico, anzi, è stato modello di immagini sacre sin dai primi secoli. Sull’immagine non c’è pigmento. Non è un dipinto, non è prodotto dal contatto con un bassorilievo riscaldato. Se si osserva da meno di tre metri di distanza, l’immagine scompare. La stessa si vede meglio al negativo fotografico. Vi sono presenti pollini della Terra Santa e tracce di aragonite, visibili solo al microscopio. È polvere presente in Terra Santa. Trasferita sui ginocchi di Gesù in seguito alle tre cadute. Si trovano sul telo tracce di aloe e di mirra oltre che di aragonite (una composizione di carbonato di calcio, ferro e stronzio), una terra presente a Gerusalemme e, in particolare, in una tomba studiata dal Levy-Setti, ricercatore di Chicago che, confrontando con l’aragonite della Sindone, ha concluso che le due terre sono esattamente uguali.
Impossibile il falso
Nel Medio Evo non erano note le conoscenze storiche e archeologiche sulla flagellazione e la crocifissione del I secolo, di cui si era persa la memoria. L’eventuale falsario medievale non avrebbe potuto disegnare Cristo con particolari in contrasto con l’iconografia medievale: corona di spine a casco, trasporto sulle spalle del solo patibulum (la trave orizzontale della croce), chiodi nei polsi e non nelle mani, corpo nudo, assenza del poggiapiedi. Inoltre avrebbe dovuto tener conto dei riti di sepoltura in uso presso gli ebrei all’epoca di Cristo.
Lo stesso falsario avrebbe dovuto immaginare l’invenzione del microscopio (fine del XVI secolo) per aggiungere elementi invisibili a occhio nudo: pollini, terriccio, siero, aromi per la sepoltura, aragonite.
Il falsario avrebbe dovuto conoscere la fotografia, inventata nel XIX secolo, e l’olografia realizzata negli anni Quaranta. Per “disegnare” il rivolo di sangue a forma di tre rovesciato sulla fronte avrebbe dovuto saper distinguere tra circolazione venosa e arteriosa, studiata per la prima volta nel 1593 da Andrea Cesalpino, nonché essere in grado di macchiare il lenzuolo in alcuni punti con sangue uscito durante la vita ed in altri con sangue post-mortale; rispettando inoltre, nella realizzazione delle colature ematiche, la legge della gravità, scoperta nel 1666.
Secondo un calcolo di probabilità 100 affermazioni che sono state fatte a favore e contro l’autenticità della Sindone, l’ingegnere Giulio Fanti, docente all’Università di Padova, e Emanuela Marinelli sono giunti a questo risultato: è più probabile che esca lo stesso numero al gioco della roulette per 52 volte consecutive, piuttosto che la Sindone non sia il lenzuolo funerario di Gesù di Nazareth!

Giorgio Nadali


Risurrezione dei corpi umani. Come sarà?

 

Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. (Giovanni 6,40)

 “E questa è la promessa che egli ci ha fatta: la vita eterna”. (1Giovanni 2:25)

 “E’ seminato corpo naturale e risuscita corpo spirituale”. (1Corinzi 15:44)

Secondo la teologia cristiana nella risurrezione dei corpi gli esseri umani riavranno un corpo trasfigurato e spirituale (un solido fatto di respiro d’anima – pneuma = soffio di spirito – capace di ubiquità senza ostacoli) consimile al corpo che nel cielo hanno Cristo e la Madonna.

Quindi dopo la risurrezione le nostre anime (ectoplasmi incorporei), che ora non hanno corpo, ne avranno uno che ricorderà solo nella forma (nei lineamenti) il corpo terrestre.

Il corpo spirituale (integro in tutte le sue forme (cioè “formale” e non materiale) è un corpo molto diverso dal nostro fisico, perché è capace di sentire – partecipare – avere volume, ma non carne animale in quanto privo di qualsiasi possibilità di peccare o turbarsi in senso negativo.

Il corpo di Gesù, che ha dato anche la possibilità, dopo risorto, di essere toccato nel costato da San Tommaso, ed ha dimostrato di nutrirsi insieme agli altri apostoli, è di natura gloriosa (materia spiritualizzata e trasfigurata dallo Spirito Santo).

Il corpo di Gesù è Glorioso, tangibile ma spiritualmente Perfetto, assolutamente esente dai difetti della materia.

La volontà e l’essenza, purissima – perfetta e luminosissima, ne hanno fatto, nel mistero incommensurabile delle possibilità divine, preziosissima qualità d’amore e di bene.

Così è anche il corpo della Madonna, perché è così che lei si è fatta sentire nell’abbraccio ricevuto dai veggenti in una delle sue tante apparizioni.

In contrasto con la negazione della resurrezione da parte dei Sadducei, che accettavano soltanto i primi cinque libri dell’AT (il Pentateuco ), Gesù insegna che la resurrezione finale avrà luogo grazie al potere di Dio, che è un Dio dei viventi, il «Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe» ( Mt 22,32; cfr. Es 3,6). Nel far questo, Gesù ricollega le radici del credo nella resurrezione (cioè la fede nell’onnipotenza e nella sovranità di Dio su tutto l’ordine creato) indietro fino al libro dell’Esodo, accettato dagli stessi Sadducei che negavano la resurrezione. Tuttavia, diversamente dall’insegnamento dei Farisei, Gesù afferma che chi risorge non ritorna ad uno stato di terreno o corruttibile, bensì possederà uno stato trasfigurato, glorificato, perché «alla resurrezione infatti non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielo» ( Mt 22,30).

In secondo luogo – e questo è l’elemento più specifico della dottrina del NT – la resurrezione avrà luogo non solo grazie al potere vivificante di Dio in genere, ma in virtù della resurrezione di Gesù Cristo dalla morte, con la forza dello Spirito Santo. La resurrezione di Gesù fornisce pertanto la promessa, la garanzia, l’esempio e la primizia della resurrezione universale, che può essere considerata come una «estensione della resurrezione di Gesù a tutto il genere umano». In modo più specifico, secondo s. Giovanni, Gesù in persona è «la resurrezione e la vita» ( Gv 11,25), ed egli spiega: «Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso.  Verrà l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: quanti fecero il bene per una resurrezione di vita e quanti fecero il male per una resurrezione di condanna» ( Gv 5,26.28-29).

Tutti risorgeremo. Alla nostra libertà la decisione se per il Paradiso o per l’Inferno. In entrambe le condizioni il nostro corpo ultraterreno parteciperà alla beatitudine del Paradiso o alle pene dell’Inferno.

S. Paolo insiste ripetutamente sulla dottrina della resurrezione finale (cfr. At , 24,14; 1Ts 4,14-17; Ef 3,1-4; 1Cor , c. 15; ecc.). Cristo è «primogenito fra molti fratelli» ( Rm 8,29; cfr. Col 1,18). Nel c. 15 della Prima Corinzi egli sviluppa l’idea che la resurrezione finale dipende interamente da quella di Gesù Cristo e colloca questo convincimento al centro della fede cristiana, dicendo che «se non esiste resurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato! Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede. Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti» (vv. 13-14 e 20). E ancora: «come abbiamo portato l’immagine dell’uomo di terra, così porteremo l’immagine dell’uomo celeste» (v. 49). Per Paolo la resurrezione è come anticipata nella vita presente, per coloro che partecipano alla morte e resurrezione di Gesù Cristo mediante il sacramento del Battesimo (cfr. Rm 6,3-11; Ef 2,6).

Come risorgeremo? La Teologia

Appartiene al dogma della risurrezione che essa avvenga coi corpi che abbiamo ora (“cum suis propiis resurgent corporibus quae nunc gestant” – IV Concilio del Laterano – e “in hac carne, qua nunc vivimus” – Fidei Damasi). Il corpo sarà non solo specificamente lo stesso (il corpo che ho ora). Con questa affermazione, si evita ogni modo di pensare che suggerisca una metempsicosi o una tramigrazione delle anime da un corpo all’altro…

Tre ipotesi teologiche sul come riavremo il nostro corpo il giorno della risurrezione

Gesù Cristo promette che questo avverrà alla fine dei tempi. In Giovanni 6:54 dice: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. Le ipotesi sulla nostra risurrezione sono:

Identità materiale – perché il corpo sia numericamente lo stesso, si richiederebbe che fosse composto nella stessa materia. Intesa in tutto il suo di rigore, la teoria difficilmente accettabile. D’altra parte, il principio secondo il quale un’identità materiale necessaria perché il corpo possa essere considerato lo stesso, è scientificamente assai discutibile. Dato il metabolismo costante del corpo umano, il mio corpo attuale ha rinnovato totalmente la sua materia da com’era sette anni or sono; e tuttavia, penso con ragione che sia rimasto realmente lo stesso corpo.

Identità formale – una teoria che si colloca all’estremo opposto sarebbe quella proposta, già nel Medio Evo da Durando di San Porciano (+ 1334). Durando suppone che, quale sia la materia di cui è composto un corpo, è il mio corpo per il fatto medesimo che esso s’unisce la mia anima… Bisogna riconoscere che, esposta in questo modo e senza altri particolari, questa teoria lascia l’impressione di una certa somiglianza con la teoria della trasmigrazione delle anime… Joseph Ratzinger [1][attuale papa Benedetto XVI, n.d.A.] pensa che non sia necessaria la stessa materia perché il corpo possa essere considerato lo stesso, e ha fatto notare che tutta la tradizione ecclesiastica (dottrinale e liturgica) impone come limite che il corpo risuscitato deve includere le reliquie dell’antico corpo terreno, se si esistono ancora come tali quando avviene la risurrezione. Tali “reliquie” saranno nuovamente animate dall’anima santa al corpo della quale appartennero. D’altra parte, insistendo sul fatto che la nostra risurrezione gloriosa non può essere spiegata senza un parallelismo con la risurrezione di Gesù, pare necessario affermare, come secondo limite, una certa continuità di somiglianza morfologica col corpo mortale.

Alcuni autori medievali, come Durando di s. Porziano (1270 ca.-1334), hanno suggerito che l’”identità formale“, riguardante essenzialmente l’identità dell’anima umana, «unica forma del corpo», sarebbe sufficiente ad assicurare l’integrità del medesimo corpo umano nella resurrezione (cfr. In IV Sent. , d. 44, q. 1). L’ipotesi è stata ripresa in tempi recenti da neo-tomisti quali Hettinger, Scheel, Billot, Michel, Feuling. Tale posizione in realtà non è lontana da quella di Origene, basata sulla comprensione paolina della resurrezione come lo sviluppo di un seme (cfr. 1Cor 15,35), o come la presenza di un’immagine spirituale (gr. eîdos ) che non cambia durante tutte le trasformazioni cui soggiace la vita umana e che persisterà dopo la glorificazione. Tale visione, tuttavia, riteniamo non tributi un sufficiente realismo alla resurrezione di Gesù, avvenuta «il terzo giorno». Essa non tiene sufficientemente conto delle implicazioni escatologiche della perenne prassi liturgica di venerare le reliquie dei santi (cfr. DH 1822; Ratzinger, 1957), ed il significato del dogma dell’assunzione in cielo di Maria, madre di Gesù (cfr. Ratzinger 1979, pp. 120-122). Già in epoca patristica, inoltre, alla comprensione di Origene della resurrezione in termini alquanto “spiritualisti” si opposero le posizioni di altri autori, come Metodio di Olimpo (m. 310 ca.) e Gregorio di Nissa (335-395) (cfr. Crouzel, 1972; Chadwick, 1948; Daniélou, 1953).

Identità sostanziale – Alois Winklhofer ha proposto, recentemente una nuova ipotesi… di fronte a un cadavere che comincia a corrompersi, Dio sottrae e conserva separatamente questa sostanza non fenomenologica del corpo. Il cadavere, a dispetto della sua continuità fenomenologica col mio corpo, non sarebbe più, in questo caso, il mio corpo. Al contrario, partendo dalla sostanza non fenomenologica del mio corpo, Dio ricostruirebbe il mio corpo risuscitato; e appunto la permanenza di questa sostanza (l’identità sostanziale) farebbe sì che sia il mio corpo e non un altro.

L’identità del corpo risorto. Nonostante il carattere eterno e glorioso del corpo risorto, la fede cristiana predica la sua identità con il corpo terreno. La Chiesa la ha insegnata con insistenza riferendosi non solo alla resurrezione dalla morte generalmente intesa, ma alla resurrezione «di questo corpo», «di questa carne» (cfr. O’Callaghan, 1989a). Il termine «resurrezione» indica proprio tutto ciò, in quanto denota una realtà previa e decaduta che assume una vita nuova e definitiva. Si comprende allora perché le affermazioni dei Padri della Chiesa circa la resurrezione finale avevano una veste così fortemente realistica: «la verità della resurrezione non può essere compresa senza la carne e le ossa, senza il sangue e le membra», diceva s. Girolamo ( Contra Iohannem Hierosolymitanum , 31).

L’identità del corpo risorto con il corpo terrestre, tuttavia, non vuol dire una stretta “identità materiale” fra gli elementi fisici della condizione terrena e quelli oggetto dello stato risorto, come già suggerirono i primi autori cristiani, come Teofilo di Antiochia, Taziano, Atenagora o Ilario di Poitiers. Servendosi dell’immagine del vaso di creta ricostruito ancora una volta, presente nel profeta Geremia (cfr. Ger 18,1-10), Origene aveva spiegato che la materia di cui saranno composti i nostri corpi risuscitati non è necessariamente identica a quella del corpo terreno e che, in ogni caso, la logica di tale trasformazione appartiene al potere creatore di Dio (cfr. Homiliae in Jeremiam , 18, 4). Fra l’altro, non va dimenticato che il semplice metabolismo umano rinnova continuamente, in un ciclo di pochi anni, gli elementi fisici e chimici che compongono la materialità del nostro corpo.

Giorgio Nadali