La generosità è la virtù di chi genera del bene. Non riguarda soltanto (e soprattutto) dare qualcosa di materiale. La persona dona soprattutto se stessa, il proprio tempo, il proprio entusiasmo per rendere migliore chi incontra nella sua vita. È generoso chi aiuta, ascolta, perdona, consola, consiglia, insegna. Non cerca sempre il proprio tornaconto personale. C’è una parola di Gesù non riportata nei Vangeli, ma ricordata dall’apostolo Paolo nel suo discorso a Mileto riferito negli Atti degli apostoli che è molto eloquente: «C’è più gioia nel donare che nel ricevere». Perché donando scopro quanto valgo veramente. A ricevere sono capaci tutti, anche gli stupidi. Donando mi sento vivo e sento di valere. Nel Vangelo di Matteo, Cristo osserva: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Matteo 10,8).
Nell’Induismo e nel Buddhismo la dāna è la pratica del coltivare la generosità. La dāna culmina in una delle perfezioni (pāramitā): quella del donare, la dāna-pāramitā. È caratterizzata dalla generosità incondizionata, cioè donare e dimenticare ciò che si è donato. Nell’Induismo però la generosità è delimitata alla propria casta. Solo la casta dei bramini (sacerdoti) possono ricevere e dare doni. Il loro ricevere è però solo dalle persone giuste e in particolari situazioni, altrimenti se si attacca troppo ai doni la sua energia vedica sarà danneggiata. Le caste kṣatriya (re, governanti e militari) e vaiśya (agricoltori, artigiani, mercanti e allevatori) possono solo donare. La quarta casta sono i shudra (lavoratori). Nel Buddhismo la dāna è un atto religioso formale diretto in particolare verso un monaco o una persona molto religiosa. Serve a purificare e trasformare la mente di chi dona. Zakat in arabo significa purificazione e deriva dalla parola sidq (sincerità).
La zaqat è adorare Allah donando ciò che Egli ha donato all’uomo, secondo le prescrizioni della legge Islamica (sharia). La sadaqah è invece adorare Allah donando denaro liberamente, senza un obbligo prescritto dalla lelle Islamica. La zaqat si riferisce a beni specifici come oro, argento, frutta, bestiame, cammelli e pecore. La sadaqah invece non prescrive alcun tipo di bene, tranne ciò che la persona può donare, senza limiti o indicazioni, in qualsiasi momento e in quantità a piacere. La zaqat è soggetta alle condizioni di chi ha acquisito benessere, con una soglia minima (nisaab) di ciò che è prescritto per il dono. Colui che la omette sarà punito, come riferisce Maometto: «Non c’è prorietario di un tesoro che non paghi la zaqat, [chi non lo fa] sarà scaldato nel fuoco dell’inferno». La zaqat è riservata ai musulmani. La sadaqah può essere rivolta anche ai non musulmani (kafirun) e addirittura ai mushrikeen (pagani).
Giorgio Nadali